Tempio del Popolo (Peoples Temple) e Jones, James Warren (Jim) (1931-1978)

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James Warren (Jim) Jones

I primi anni

Il predicatore americano James Warren (Jim) Jones nacque il 13 maggio 1931 a Crete, una località vicino a Lynn (Indiana), da una poverissima coppia: James Thurman Jones (un invalido di guerra, iscritto al locale Ku Klux Klan, al quale aderì anche il giovane J. per un breve periodo) e sua moglie Lyneta Putnam, una cameriera di lontane origini Cherokee, ascendenza di cui J. andava orgoglioso. D’indole solitaria, irascibile e volgare, ma, per contro, interessato già da giovane alla religione, J., dopo le scuole locali, frequentò le superiori a Richmond, dove si diplomò nel 1949, iscrivendosi poi all’Università dell’Indiana, a Bloomington.

Tuttavia abbandonò ben presto l’ateneo per ritornare al paese natale, dove lavorò come inserviente al Reid Memorial Hospital e dove conobbe e sposò, nello stesso 1949, l’infermiera Marceline Baldwin (1927-1978), da cui ebbe un figlio naturale, Stephan Gandhi Jones, e con la quale adottò un bambino di colore, chiamato Jim Jones Jr. (in seguito ne avrebbero adottati altri di varie nazionalità).
Con la moglie, J. si trasferì nel 1950 ad Indianapolis, dove iniziò a predicare come pastore (senza ordinazione o licenza) della Somerset Southside Church, una chiesa metodista: qui non durò a lungo a causa dell’ostilità dei fedeli bianchi (ad Indianapolis c’era la sede nazionale del Ku Klux Klan) nei confronti delle sue audaci aperture verso i fedeli di colore.  Stesso trattamento gli fu riservato da parte dei fedeli della locale Tabernacle Church, ma nel frattempo, con i proventi della vendita porta a porta di scimmiette come animali da compagnia, J. era riuscito a fondare nel 1953 una sua congregazione, l’Unity Community Church (Chiesa della Comunità e dell’Unità), e la sua affiliata Wings of Deliverance (Ali della Liberazione), una denominazione pentecostale interrazziale (una novità assoluta nell’Indiana degli anni ’60) con particolare enfasi sui doni dello Spirito Santo (tra cui la guarigione).

Il Tempio del Popolo

La dicitura della congregazione di J. fu cambiata nel 1963 in Peoples Temple Full Gospel Church (Chiesa del Pieno Vangelo del Tempio del Popolo), che divenne una chiesa dei Discepoli di Cristo: J. fu ordinato pastore di questa denominazione nel 1964, dopo essersi laureato - con fatica - in sociologia alla Butler University. Il Peoples Temple (da non confondere con l’omonima organizzazione, di stampo teosofico, denominato anche Halcyon) divenne rapidamente popolare per le sue attività sociali, come una mensa per i poveri, distribuzione di vestiti, assistenza medica per gli anziani, counseling (consulenza psicologica, assicurativa e legale) per prostitute e drogati. Tutto ciò era in linea con il credo religioso, ma anche politico di J. (egli si era segretamente iscritto al Partito Comunista Americano), che predicava una sorta di “socialismo apostolico”, anche se più tardi un sociologo avrebbe bollato la sua denominazione come un’organizzazione di “burocrazia carismatica”, intendendo lo strano connubio tra il carisma di J. e le attività sociali della chiesa.

Per il suo impegno sociale, nel 1960 J. fu nominato direttore del Comitato per i diritti umani di Indianapolis.
Ma nello stesso periodo, J. attivò un altro comitato non altrettanto meritevole: infatti, egli decise di adeguare il suo stile di predicazione a quello del noto predicatore di colore, Father Divine, di Philadelphia, che J. visitò più volte dal 1958 e di cui ammirava (ed in seguito imitò) il carisma di leader (dopo la morte di Father Divine nel 1965, J. asserì di essere il suo successore, giacché Divine si era reincarnato in lui). Di Divine J. disse inoltre di aver ereditato la pretesa capacità di guarire malattie gravi (come il cancro), e adottò quindi l’inquisitorio Interrogation Committee (Comitato dell'Interrogatorio), un sistema di interrogatorio e sorveglianza per controllare la lealtà dei seguaci e per estirpare i dissidenti, che J. applicò in maniera maniacale nel proprio gruppo, provocando così le prime defezioni.

In California

All’inizio degli anni ’60, in seguito ad una visione di un imminente olocausto, J. si convinse della necessità di trasferire la setta in una delle “dieci località più sicure in cui vivere nell'eventualità di un attacco nucleare” (secondo la definizione della rivista Esquire): dopo aver esplorato Belo Horizonte, in Brasile, e Ukiah, nella contea di Mendocino, in California, decise nel 1965 di spostare il suo gruppo in quest’ultima zona, aprendo una chiesa nel vicino villaggio di Redwood Valley nel 1969.

Ma neanche qui il pastore dell’Indiana stette a lungo: la stasi nella crescita dei suoi seguaci convinse J. a traslocare nella più promettente San Francisco, dotata di una popolosa comunità di colore. Nel 1972 J. vi aprì una chiesa in Geary Street e ben presto la comunità si accrebbe, fino a raggiungere il massimo di 3.000 seguaci. Egli ricevette, inoltre, diversi riconoscimenti per le sue attività umanitarie, e nell’ottobre 1976, per l’appoggio dato al candidato sindaco di San Francisco, George Moscone, fu nominato membro dell’Housing Authority Commission (Commissione dell’Autorità per le case popolari), di cui divenne presidente nel febbraio 1977.

Fu inoltre aperta un’altra chiesa a Los Angeles e fondata una casa discografica, che incideva e vendeva brani musicali eseguiti dal coro e dall'orchestra giovanile interrazziale del Tempio del Popolo. A ciò si aggiunse la pubblicazione di un giornale (Peoples Forum), mentre J. iniziò ad intervenire in una trasmissione radiofonica religiosa (sull’emittente KFAX radio), dove tra l’altro si parlava dei problemi dell’America del Sud. Fu proprio per l’interessamento a quest’area geografica, che in seguito J. decise di visitare la Guyana, dove avrebbe definitivamente trasferito la sua setta.

Le critiche interne ed esterne

In questo periodo, tuttavia, incominciavano a piovere le prime critiche, grazie alle rivelazioni di ex adepti e ad inchieste giornalistiche: false guarigioni, accumulo di grandi ricchezze derivate dall’obbligo dei fedeli di consegnare somme enormi (anche 40% del loro stipendio, se non addirittura tutti i loro beni) o di fare la questua agli angoli della strade di San Francisco, frequenti abusi di diritti umani, l’obbligo per i seguaci di denunciarsi l’un l’altro per futili motivi, l’inquietante presenza di severe guardie armate, un crescente accumulo di armi da fuoco, ma soprattutto le critiche nei confronti di J. stesso, additato come un dittatore, drogato da abuso di psicofarmaci e stimolanti, paranoico e violento, malversatore dei fondi della setta, autore di violenze etero ed omosessuali sui seguaci.

Una delle pratiche più preoccupanti fu la Translation (traslazione): nelle allucinanti White Nights (Notti bianche), veniva ordinato agli adepti di bere una pozione, che J. affermava essere un veleno che avrebbe fatto morire tutti, in maniera da permettere loro di traslare in un altro pianeta, o in un mondo di beatitudine. Passato, tuttavia, un certo lasso di tempo in cui nessuno moriva, egli rivelava che si trattava solo di una prova, che egli richiedeva per testare la fedeltà dei suoi adepti.

Il trasferimento in Guyana

Già dal dicembre 1973, una delegazione del Tempio del Popolo sondò le possibilità di trasferimento in Guyana, un’ex colonia britannica, la quale, nonostante le condizioni climatiche malsane e ambientali piuttosto proibitive, sembrava essere il “paradiso promesso” agli occhi di J., che non esitò di truccare le relative fotografie per convincere i suoi recalcitranti adepti a trasferirsi. Nel 1975 fu fondata la colonia di Jonestown su un appezzamento di 27.000 acri (circa 10.800 ettari) a circa 10 chilometri dalla località di Port Kaituma, nel nord ovest del paese, ma fino al maggio 1977 i settari trasferitivisi non erano più di 50.

Poi, in seguito ad una vigorosa campagna stampa contro la setta, la paranoia di J. giunse all’apice: denunciò una cospirazione senza precedenti dei mezzi di comunicazione di massa, concertata insieme alla CIA, all'FBI e all'Interpol, con lo scopo di eliminare il Tempio del Popolo. Decise quindi per un abbandono in massa degli Stati Uniti ed un trasferimento di tutti gli adepti a Jonestown, cosa che avvenne entro la fine del 1977: rimase solo un centinaio di persone incaricate di vendere le proprietà della setta negli USA e di spedire i rifornimenti e gli equipaggiamenti in Guyana.

Eppure, già dopo pochi mesi dal trasferimento nel paese sudamericano, giungevano dai parenti degli adepti notizie sempre più allarmanti:

  • Non potevano mettersi in comunicazione con i propri congiunti,
  • Quando lo facevano si trovavano di fronte a persone completamente cambiate, come successe allo psicologo Steven A. Katsaris, la cui figlia Maria era una delle amanti di J.,
  • In loco questi parenti o i loro avvocati erano fatti oggetto di intimidazioni da parte dell’entourage di J. o di tentativi di insabbiamento da parte delle autorità governative della Guyana.

Un gruppo di genitori, con a capo Katsaris, decise quindi di fare pressione sulla classe politica statunitense per ottenere un’indagine sulla setta, anche se J. fece, a sua volta, un ultimo tentativo di influenzare l’opinione pubblica con una lettera inviata ai singoli membri del Congresso degli Stati Uniti, in cui, a parte le solite paranoiche accuse di persecuzioni e congiure, fu sinistramente profetica la chiosa in cui il pastore affermò: “Posso dire senza esitazioni che siamo disposti ad accettare l'idea che sia addirittura meglio morire anziché essere continuamente perseguitati da un continente all'altro”.

Queste informazioni furono un campanello d’allarme, al quale si unì un articolo redatto nel giugno 1978 sulla base del resoconto dall’ex adepta Deborah Leyton: le descrizioni di brutali punizioni corporali su adulti e bambini (questi ultimi immersi ripetutamente nelle scure acque di un pozzo), prove generali di suicidio attraverso la famigerata Notte Bianca una volta alla settimana, un vitto chiaramente inadeguato ai massacranti turni di lavoro, il tutto in un campo che assomigliava vieppiù ad un lager, sorvegliato da 30 guardie armate, mentre le farneticanti predicazioni di “Padre” J., che si proclamava la reincarnazione di Lenin o di Gesù Cristo e sosteneva di avere poteri extrasensoriali, assumevano ogni giorno connotati sempre più apocalittici.

La tragedia finale

Il tutto contribuì alla decisione di Leo Joseph Ryan, deputato del Congresso degli Stati Uniti, di compiere un viaggio a Jonestown, con una delegazione di giornalisti, nel novembre 1978. Ricevuta il 17 novembre, ben presto la delegazione si rese conto che, al di là dell’apparente normalità della colonia, essa ormai era diventata un esperimento di “monachesimo marxista” (secondo la definizione di Massimo Introvigne) della peggiore specie e che non aveva più nulla dell’originale gruppo religioso: c’erano stati episodi di brutalità e diversi tentativi di fuga. Una ventina di adepti cercò di convincere Ryan di portarli via con lui e la visita si concluse bruscamente la mattina del 18, quando un seguace di J. cercò di accoltellare il deputato americano: spaventato questi pretese che la delegazione fosse immediatamente riaccompagnata al piccolo aeroporto locale di Port Kaituma con un camion, sul quale salì, all’ultimo minuto, anche un luogotenente di J., Larry Layton.

Tuttavia, arrivati all’aeroporto, essi caddero in un agguato, organizzato da un gruppo di guardie armate della colonia e da Layton stesso, che sparò contro i membri della delegazione: Ryan e cinque persone del seguito furono uccise sul colpo, mentre altre furono ferite.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, dopo aver nominato il Partito Comunista dell’Unione Sovietica (sic!) come erede universale dei beni della setta, J. fece allineare tutti i seguaci per bere una bevanda avvelenata con il cianuro, mentre le guardie uccidevano chi non obbediva agli ordini o chi cercava di scappare: 914 (secondo altre fonti, 913) persone, tra cui 276 bambini, trovarono la morte in quest’apocalittico omicidio-suicidio di massa “per la gloria del socialismo” (secondo le parole di J., incise su un nastro ritrovato dopo la strage): ben poche si salvarono, fuggendo nella giungla.

Alcune persone morirono per un’iniezione di cianuro o furono strangolate e lo stesso J. fu trovato morto con colpi d’arma da fuoco alla testa. Morì anche la moglie Marceline, mentre i due figli Stephan e Jim Jr. si salvarono solo perché quel giorno erano in trasferta con la squadra di basket di Jonestown. Per completare la lista delle vittime della tragedia, ci furono anche quattro suicidi nella sede del Tempio del Popolo a Georgetown (la capitale della Guyana).

Dopo Jonestown

La setta non sopravvisse a questa tragedia e la sede di San Francisco, ormai vuota, crollò durante il terremoto del 1989.
Negli ultimi anni, diverse fonti hanno formulato delle ipotesi più o meno fantasiose per spiegare il fenomeno Jonestown: da un laboratorio impiantato, ma poi distrutto, dalla CIA per lo studio delle tecniche di controllo della mente, ad una “felice” comunità comunista eliminata dalle autorità americane, che non tolleravano il suo successo.